Sei donne e un libro by Augusto De Angelis

Sei donne e un libro by Augusto De Angelis

autore:Augusto De Angelis
La lingua: ita
Format: epub, mobi
editore: Sellerio
pubblicato: 2010-01-01T05:00:00+00:00


Capitolo XIV

Il «confidente»

Erano passati tre giorni.

De Vincenzi li aveva trascorsi a leggere libri di spiritismo. Adesso, nel cassetto del suo tavolo, in Questura, c'erano le opere di Kardec, quelle di Leon Denis e di Delanne. Aveva letto i due tomi di Delanne: Les fantòmes des vivants e Les apparitions des morts. E poi aveva ripreso a leggerli dal principio.

Appariva silenzioso e concentrato. Aveva abbandonato tutte le pratiche correnti nelle mani del vicecommissario.

«Fa' tu…» gli aveva detto, con un sorriso amaro. «Tanto, è lo stesso!…».

Sani lo aveva guardato con affetto. Conosceva ormai in lui quei momenti di chiuso arrovellamento, che erano decisivi ai fini di un'inchiesta. L'idea centrale, l'idea dalla quale doveva sprizzar la luce, sembrava che avesse bisogno di quelle ore, di quei giorni d'incubazione, per germinare.

Ma erano ore di travaglio doglioso per De Vincenzi, giorni di scoraggiamento, nei quali non faceva che sognare la sua Ossola ventosa e tanto bella! E scriveva a sua madre: «Mammetta mia, come vorrei esserti vicino!».

Nella casetta a pie dell'Alpe, con l'aia e le galline, il cane, la domestica…

Aveva fatto rilasciar subito la mattina dopo Pietro Santini. E quello era corso al Monumentale a contemplare il corpo di sua sorella, che i periti settori avevano sezionato per l'autopsia. Poi s'era chiuso a casa e il «pattuglione» ve lo aveva trovato a tutte le ore.

L'autopsia aveva concluso per lo strangolamento. Morta di soffocazione, prima d'essere immersa nell'acqua. Se non le ecchimosi al collo - le dita dell'assassino avevano stretto così forte, con tanta rabbia, che le jugulari s'erano lacerate - lo avrebbe rivelato lo stato dei polmoni, nei quali non si trovò la più piccola goccia d'acqua. E i dottori anche nelle viscere della ragazza avevano trovato abbondanti tracce d'alcool.

«Lo prevedevo» aveva risposto De Vincenzi al medico, che glielo comunicava. «E iperemia alle meningi, vero?».

«Vedo che è ferrato in medicina!» esclamò l'altro.

«Non credo…» s'era schermito il commissario. «Ma che quella figliola avesse bevuto liquori prima di venire uccisa lo immaginavo, per la semplice ragione che il suo assassino è il medesimo del professore».

«Ma lei sa chi sia l'assassino?».

«Io? Non ne ho la più pallida idea».

Mentiva. Un sospetto l'aveva. Ma era uno di quei sospetti, che fanno sorridere, quando vengono manifestati, se non fanno addirittura sobbalzare d'incredulità. E lui si guardava bene dal manifestarlo ad alcuno. Lo covava in silenzio, chiuso nel suo ufficio di San Fedele.

Non era tornato in via Corridoni e neppure in viale Bianca Maria. Nessuno lo aveva più veduto, né lui aveva fatto chiamare nessuno. Né il piccolo signor Chirico, che viveva quei giorni con l'ansia di veder comparire in negozio o a casa sua una o addirittura un paio di guardie. Non miss Drury col suo fidanzato. Non la pallida vedova del senatore. E neppure la medium, che certo si sarebbe presentata, facendosi accompagnare dalla figlia.

Pietrosanto, nel negozio, lo aspettava. Il mite compilatore del catalogo interminabile avrebbe volentieri conversato con quel commissario così gentile e intuitivo.

«Vedrà che scoprirà l'assassino!» aveva detto al padrone, ma quello, grattatosi la testa, l'aveva poi scossa energicamente.



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